RITO SERALE
di Sandra Palombo
anni 70 - ore 16 appartamento di
città - Mancano circa quattro ore all'ora di cena, il tinello è in ordine, una
voce monotona esce dal televisore acceso. Giulia guarda la donna oramai anziana
e nel pensiero le frulla la stessa domanda che non oserà mai fare: perché mai
disprezzi il nonno? Hanno avuto tre figli eppure Giulia li ha conosciuti che
già dormivano in camere diverse ,che già si sopportavano, o meglio era lei che
lo "sopportava" a chiare note. Una raggio di luce opaca arriva al
tavolo attraverso la plastica di una veranda abusiva sul terrazzino. La nonna, volto
rugato, capelli intrecciati e raccolti a crocchia, è china su un calzino e
rammenda. Nonna e nipote lavorano, la vecchia di ago, la giovane con
l'uncinetto segue le indicazioni sulla rivista e crea un inutile merletto che
servirà soltanto a raccogliere la polvere. Bisogna arrivare a sera. Ogni tanto
un commento sulle immagini, un bicchiere di spuma all'arancia. Il pomeriggio
scorre senza emozioni, ma con la tranquillità di un tempo, nell'attesa della
cena, del ripetersi del rito serale.
anni 80 - ore 16 - paese di 100
anime - Mancano circa quattro ore all'ora di cena, silenzio in paese, tutti
riposano. Giulia si annoia, telefona a sua madre, apre un libro, legge e infine
accende la televisione. Prende l'uncinetto e inizia a fare una coperta sapendo
che non la finirà mai. Ma che fare? Il marito è fuori. Bisogna arrivare a sera.
Allunga le gambe e segue il programma preserale, con le stesse inquadrature, le
stesse battute scialbe che accontentano il giovane siciliano e l'anziano
montanaro lombardo. Dalla finestra un quadro: il sole scende lentamente sulle
colline ferrose mentre le barche rientrano in porto prima che faccia buio. Il
pomeriggio scorre senza emozioni, nell'attesa della cena, del ripetersi del
rito serale.
anni 90 - ore 16 — giardino di
periferia Mancano circa quattro ore all'ora di cena, giovani in moto rompono il
silenzio della strada, il cane abbaia a passanti curiosi che sbirciano
l'in-terno del giardino di periferia. Giulia si gode l'aria primaverile e gioca
con un gam boy, un dado sopra l'altro, sino a quando la vista non si offu-sca.
Nel ventre una vita si muove non vuole più stare in quella posizione e la
costringe ad alzarsi. Che fare? Bisogna arrivare a sera. Annaffia le piante,
conversa con la vicina, spazza le foglie. Il marito è fuori. Il pomeriggio
scorre senza emozioni, nell'attesa della cena, del ripetersi del rito serale.
anni 2000 - ore 16 circa —
appartamento di una cittadina Mancano circa quattro ore all'ora di cena, i
figli sono fuori a giocare, la televisione è spenta per non ascoltare le solite
strazianti storie o amori immaginari e irreali. Giulia è serena, si riposa
finalmente. Sorride pensando: che fare? Non esiste più questa domanda nei suoi
pensieri. Ora l'imperativo è non fare. Il marito è fuori, ma lei non attende la
cena. Vorrebbe dilatare il tempo perché il ripetersi del rito serale arrivi più
tardi possibile. Scaccia dalla mente le mille incombenze, stirare, annaffiare,
cucire. E' tranquilla, ma non è la tranquillità di un tempo, è la tranquillità
di una donna che vive sé stessa. Non dorme più con il marito, ma in un'altra
stanza. La storia si ripete L'attesa della cena, l'ossessione del ripetersi del
rito serale svanisce. Sospira. Il rito
serale tuttavia deve continuare.
pp.153-154
pp.153-154
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